(di Michele dell’Ambrogio)

Danilo Catti, www.ticinolibero.ch

Tre anni fa, quando fu proiettato al Festival di Locarno il documentario di Danilo Catti Giù le mani, il Fevi traboccava di quella folla che aveva invaso la pittureria e le strade di Bellinzona durante lo sciopero, e il tranquillo ambiente dei cinefili fu sconvolto da slogan, striscioni di lotta e dall’entusiasmo ancora vivo per l’importante vittoria ottenuta contro i vertici delle FFS.

Quest’anno Danilo è tornato al Festival con il suo nuovo film 1 due 100 officine, frutto di un accurato lavoro di montaggio a partire dalle oltre 400 ore di materiale girato dopo lo sciopero, quando l’attività alle officine è ripresa e sono iniziate le estenuanti trattative degli operai con i dirigenti, che ancora sono in corso e il cui esito è più che mai incerto. Ma l’atmosfera a Locarno non era più la stessa: la proiezione non si differenziava dalle tante altre del Festival e il solo Gianni Frizzo è stato chiamato sul palco, accanto al regista, per rispondere dopo il film alle domande del pubblico. Presentando il suo lavoro, Danilo ha voluto sottolineare, quasi scusandosi, il lato meno spettacolare di questo nuovo documentario e quindi una sua diminuita capacità di impatto sul pubblico, perché all’euforia di un’azione eccezionale è subentrato il ritorno alla normalità, segnata da incertezze ed interrogativi, da dubbi e paure.

Eppure questo 1 due 100 officine è un documento straordinario, direi migliore del primo. Certo, quando avevamo visto Giù le mani, eravamo tutti contenti e anche un tantino orgogliosi di rivederci partecipi di quell’impresa unica che fu lo sciopero bellinzonese, capace di coinvolgere tutta la popolazione in un’ondata di civile indignazione contro la logica aziendale, prettamente utilitaristica, che l’aveva scatenato. Ma ci eravamo anche chiesti se quel film, al di là della soddisfazione recepita da chi aveva seguito da vicino e sostenuto l’agitazione, avesse davvero la capacità di trasmettere ad altri la necessità e l’urgenza di quella lotta. E qualche dubbio ci era rimasto.

Non così ora: questo nuovo film è, e rimarrà, una testimonianza importante su quel che sta accadendo oggi nel mondo del lavoro. A partire dal titolo, azzeccatissimo, che suggerisce un percorso che va ben oltre la vicenda delle officine di Bellinzona, per inserirla in un contesto universale dove è in gioco la difesa della democrazia e della dignità dei lavoratori. Dopo aver vinto, con l’arma dello sciopero, una battaglia, gli operai delle officine sono ora impegnati in una guerra logorante e poco appariscente, che è poi anche la guerra di tutti coloro che nella società di oggi tentano di opporsi agli interessi del potere e del capitale. Come quella degli operai della Innse di Milano, cui nel film di Danilo viene dato giusto spazio e che hanno adottato lo stesso slogan delle officine “Giù le mani”. Come quella di tutte le persone che vedono calpestata la propria dignità, nel nome di superiori interessi aziendali.

Ma del caso delle officine di Bellinzona si occupa il film di Danilo, che questa volta ha anche ritenuto utile, contravvenendo credo agli indirizzi programmatici su cui si è sempre basata la sua attività di documentarista, inserire una voce off (la sua) e diverse didascalie che spiegano gli antefatti e informano sullo sviluppo delle trattative, rendendo il film comprensibile anche a chi non ha seguito le vicende da vicino. Cosa che non aveva fatto in Giù le mani, che anche per questo risultava indirizzato soprattutto a chi aveva vissuto in prima persona lo sciopero e le manifestazioni di solidarietà.

1 due 100 officine diventa così un film che si potrebbe esportare in tutto il mondo, che documenta con lucida attenzione la difficile situazione in cui si trovano oggi gli operai (e per estensione tutti i subalterni), divisi tra l’esigenza di portare avanti le loro giuste rivendicazioni e la paura di perdere il posto di lavoro, incerti tra gli slanci ideali e l’accettazione di continui compromessi. Perché una cosa è chiara: se chi comanda ha perso una battaglia (in questo caso messo alle strette da un inaspettato sciopero), di certo non rinuncia alla speranza di vincere la guerra, prendendo l’avversario per sfinimento, consumando a fuoco lento la sua capacità di resistenza. Il film di Danilo è da una parte amaro, perché ci fa capire con estrema chiarezza questa subdola strategia del nuovo capitale; ma è anche un accorato invito al proseguimento della lotta, alla difesa dei diritti e della dignità delle persone.

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1 due 100 officine si potrà vedere o rivedere il 4 ottobre 2011 a Bellinzona, cinema Forum, 20.30. Il documentario di Danilo Catti inaugurerà una rassegna dedicata alle lotte operaie (6 film, uno spettacolo teatrale, un concerto, un’esposizione fotografica, un dibattito) organizzata dall’Associazione Giù le mani, dai Circoli del cinema di Bellinzona e di Locarno, dal Teatro sociale di Bellinzona e dalla Fondazione Pellegrini-Canevascini. Il programma dettagliato sarà pubblicato prossimamente.

Approfondimenti

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vai all’intervista a Danilo Catti su TicinoLibero

vai all’intervista a Gianni Frizzo su TicinoLibero

via all’intervista a Marina Carobbio su Ticinolibero

via all’articolo di Denise  Maranesi su Ticinonews

vai all’articolo di Boris Sollazzo su Pardo Live

vai all’articolo di Luca Corbellini su Cinemaitaliano