La nutrita assemblea del 19 maggio ha affrontato la complessa situazione nella quale si trovano le Officine FFS di Bellinzona. Dall’iniziativa del polo tecnologico del marzo 2008 sono trascorsi tre anni fino al momento in cui, detto fuori dai denti, si sta cercando nuovamente di smantellare le Officine. Ci pare utile ricordare come si è arrivati a questa situazione.

E Vai di declino! Quando Berna tira i fili!

Nel dicembre 2008, il Consiglio di Stato dà mandato alla SUPSI di verificare gli scenari possibili che ruotano attorno alle Officine di Bellinzona. In sintesi, il primo scenario prevede un declino programmato. La volontà delle FFS era, ed è, quella di andare verso la chiusura delle Officine; tale volontà infatti non è cambiata nel corso del tempo.

Alcuni elementi chiave lo dimostrano. Dapprima la struttura stessa a matrice della gestione.

Diamo un’occhiata all’organigramma (per ingrandirlo cliccare sopra l’immagine) . Solo le parti blu sono gestite a Bellinzona. Come si vede chiaramente,  la maggior parte della gestione è delocalizzata a Berna. (Ueilà! direbbe un noto politico cantonale). Ciò significa poca, pochissima autonomia, insufficiente per disporre di una gestione agile e rivolta verso l’acquisizione di nuovi clienti da parte delle Officine. A ciò si aggiungono gli avvicendamenti continui (e non casuali, ci pare) a livello di quadri dirigenti, che pregiudicano gravemente la continuità dei contatti. Infine, tale organizzazione centralizzata prevede anche una diminuzione delle scorte di ricambio; in buona sostanza, è come chiedere a qualcuno di fare una torta per il sabato, mettendogli a disposizione la farina il venerdì successivo. È chiaro che in queste condizioni, anche il cuoco più appassionato si stanca e non cresce certo la motivazione; e soprattutto i commensali, nella fattispecie il Cantone, rimangono senza cibo. Capita l’antifona?

La calza della Befana. Quando le competenze le ha il centro, e forse un po’ meno i politici…

Il secondo scenario, che oltre ai lavoratori e alla popolazione, è sempre stato pubblicamente condiviso dalle FFS e dal Consiglio di Stato, è quello del centro di competenze. La SUPSI aveva ampiamente sottolineato come uno dei punti critici nello sviluppo di un tale centro fosse il tipo di organizzazione di cui vi abbiamo detto sopra; le FFS (con lettera del novembre 2010) si erano dette disposte ad entrare in discussione con il Consiglio di Stato e la stessa SUPSI, in merito ai cambiamenti necessari. Il Consiglio di Stato ha dunque chiesto ai ricercatori un’offerta di studio di fattibilità, consegnata al Consiglio di Stato nel dicembre 2010 e spedita dallo stesso immediatamente alle FFS, senza consultare il Comitato di sciopero (ora CoPe, Commissione del personale) . Non è essere permalosi, ma uno scambio di informazioni e un po’ di compattezza tra partner regionali, oltre a dimostrare una correttezza di intenti,  sarebbe utilissimo quando si affrontano argomenti così scottanti. Ma pazienza. Lo studio di fattibilità poteva comunque essere un regalo di Natale per un cantone che non vede certo le sue possibilità occupazionali in aumento.

Invece, più che un regalo di Natale si è rivelato una calza della Befana. Da quel momento in poi la Direzione della FFS (che peraltro ha sempre detto di essere disposta ad entrare nel merito del Centro di competenze, solo se non andava contro le loro strategie (!)) e il Consiglio di Stato (che per mandato popolare dovrebbe occuparsi prioritariamente del benessere del Cantone) si sono fatti i loro intrallazzi. Né i lavoratori delle Officine, né i loro rappresentanti, né i ricercatori della SUPSI hanno più ricevuto notizie direttamente.

Non vedo, non sento, non parlo. Quando si dice l’era della comunicazione!

In un gioco di rinvii durato due mesi, i contatti tra Consiglio di Stato e FFS non sono stati più comunicati, al punto che ancora il 27 febbraio scorso, pur avendo già notizie da Berna,  il responsabile del Dipartimento delle finanze annunciava alla SUPSI che non c’erano risposte delle FFS. Ci verrebbe da chiedere: perché mai un simpatico e competente responsabile del Dipartimento delle finanze, con un’interessante professione volta a sviluppare le possibilità di impiego sul territorio, dovrebbe preoccuparsi di quattrocento posti di lavoro? La domanda è retorica: Infatti, non pare occuparsene.

Malgrado una nuova richiesta di notizie (1.3.2011)  la Cope, i ricercatori della SUPSI e, udite, udite!, la Deputazione ticinese alle Camere,  leggono nel Corriere del Ticino del 30 marzo 2011 che le FFS affermano la necessità di indire un concorso pubblico. Fatti due calcoli, credeteci!, il Consiglio di Stato conosceva questa decisione almeno da fine febbraio. La CoPe riesce ad incontrare il CdS il 7 aprile seguente. Il candido Consiglio di Stato ammette di aver risposto affermativamente alle FFS senza consultare i diretti interessati.

Della dissimulazione. Dove si scopre il privato del  concorso pubblico

Ed eccoci agli ultimi accadimenti. Il Consiglio di Stato richiede sollecitamente il nome di due membri della Cope che raggiungano il gruppo di accompagnamento, il quale si occuperà di stilare un mandato di prestazione.

Con lettera del 22 aprile la CoPe spiega  la necessità di meglio capire quali saranno i diversi aspetti del concorso pubblico; ad esempio, lo scenario proposto dalla SUPSI, e condiviso da tutti i partner,  sarà preso in continuazione? Si è in chiaro che i ricercatori della SUPSI, per regolamento interno, non potranno partecipare al concorso? Insomma, quali sono le garanzie che un concorso di questa natura non voglia solo tornare ai piedi della scala, in altre parole, non sia solo un mezzo per procrastinare ulteriormente le decisioni, degradando la situazione e portando necessariamente a definire il Centro di competenze un progetto inattuabile? Nessuna risposta è stata data alla lettera. Nessuna garanzia.

Le Officine potrebbero essere sommerse di lavoro da parte di clienti esterni, unico mezzo consentito dalle FFS per coprire i costi, poiché con Cargo e Passeggeri ciò è vietato, ma ogni tentativo di migliorare l’organizzazione in questo senso è stato negato e la strategia attuale delle FFS è chiara: prolungare i tempi, pregiudicando sempre più la funzionalità delle Officine, anche con la partenza di persone con competenze fondamentali (ricordiamo, tra gli altri, il direttore e il controller); si tenta inoltre di scindere la questione Officine da quella del Centro di competenze, rendendo dunque aleatori gli sforzi fatti finora. Il Consiglio di Stato o c’è o ci fa, ma nei due casi non è che sia rassicurante per noi cittadine e cittadini, in un momento in cui il Cantone dovrebbe elaborare forti strategie di rilancio dell’occupazione (“LAVORO” diceva un enigmatico manifesto elettorale, ci pare di ricordare).

Ebbene, il 27 maggio si giocherà il futuro delel Officine. Da qui la decisione dell’Assemblea di elaborare una risoluzione.

Adesso possiamo tutti tornare a bere il nostro rassicurante caffè, leggere l’oroscopo del giorno nel giornale, annoiarci di fronte a questi onnipresenti operai delle Officine, pensare che è ovvio che il servizio industriale pubblico non funzioni, e riflettere su come trasformare la Pittureria in un luogo di memoria, (magari proponendo di iscriverla nei monumenti Unesco), oppure…

Oppure…

Oppure …Guardare il  caffè, dicendoci che il futuro del Cantone non lo vorremmo così nero e acquoso e dirci che un Cantone deve avere proposte concrete da proporre alla Confederazione, se vuole essere ascoltato, e quella del Centro di competenze è una proposta forte e concreta! E potremmo aderire e far circolare la risoluzione dell’Assemblea, tenendo presente  che col cavolo “mors tua, vita mea”, ma che la soppressione (e la non creazione) di posti di lavoro, un giorno o l’altro tocca anche me, te, tua figlia, mio nipote, sua moglie, i nostri amici, e che magari le strategie di una bella regione come la nostra dovrebbero andare oltre i centri commerciali. insomma, fare il Centro di competenze è fare centro, per il nostro cantone. E non è che le opportunità abbondino.

E scusate se il caffè si è raffreddato. Ve ne offriamo volentieri un altro, se ci raggiungete al nostro prossimo incontro.