Nostra intervista a Matteo Pronzini

Red. :Con l’entrata di Ivan Cozzaglio e la tua in Gran Consiglio, il Parlamento cantonale è raggiunto da altre due persone che hanno attivamente operato durante lo sciopero delle Officine FFS di Bellinzona e che continuano tuttora il loro impegno in questo senso, anche nell’ambito delle Officine. Cos’ha rappresentato per te, dal punto di vista della riflessione sul (e nel) mondo del lavoro, l’esperienza dello sciopero e del dopo sciopero?

foto in www.tio.ch

Matteo : Lo sciopero dell’Officina FFS di Bellinzona è stato uno degli avvenimenti più importanti del movimento operaio degli ultimi decenni. Per la prima volta da lungo tempo

un settore di salariati è riuscito a vincere sul piano sindacale una battaglia contro la privatizzazione e contro la soppressione di alcune centinaia di posti di lavoro.

E’ bene però ricordare che lo sciopero è stato l’ultimo atto di un lungo lavoro di costruzione di una resistenza sindacale nell’azienda e fuori dell’azienda durato anni e che ci ha preso molte energie, seppur ben ripagate.

A mio avviso non è un caso che questa esperienza di lotta, a differenza di molte (troppe) altre, sia stata vittoriosa. Essa si è costruita attorno a dei principi forti e sui quali siamo sempre stati intransigenti: centralità dei salariati, opposizione alla logica del meno peggio, sviluppo di una democrazia di base pluralista, ed integrazione nella lotta di tutte le figure presenti all’interno dell’Officina: dai quadri al personale temporaneo. Abbiamo inoltre sempre avuto la preoccupazione di coinvolgere la popolazione e le autorità locali e regionali nelle nostre lotte.

Tutto questo, con un pizzico di coraggio, ci ha permesso di sviluppare una grandissima primavera di lotta operaia nel corso del 2008. Una lotta sindacale che ti si è trasformata in una lotta fatta propria da un’intera regione che si è identificata nelle nostre rivendicazioni. Alla fine siamo riusciti a piegare non solo la direzione delle FFS ma il Consiglio Federale! Qualcosa di cui essere fieri e che non potremo mai scordare. Ma non è finita qui. La nostra intelligenza è stata di capire, al termine dello sciopero, che l’errore più grande sarebbe stato quello di tornare al lavoro e demandare ad altri la gestione del dopo sciopero. Noi questo errore non l’ho abbiamo commesso. Abbiamo continuato nel nostro lavoro a difesa dell’Officina FFS e a oltre tre anni dalla conclusione dello sciopero siamo ancora qui attenti a che le FFS non facciano rientrare dalla finestra ciò che abbiamo fatto uscire dalla porta.

Red. : Come pensi di veicolare questa tua esperienza nel legislativo cantonale?

Matteo: Il Gran Consiglio rappresenta esattamente il contrario della nostra esperienza sindacale e politica. Il Gran Consiglio è l’espressione della delega. Un grande teatrino. Ai cittadini si da la possibilità ogni quattro anni di eleggere i loro “rappresentanti”. Questi ultimi per quattro anni fanno i loro affari grazie al “prestigio” della loro carica e poi pochi mesi prima delle elezioni girano il Ticino per cercare di riavere il voto. Per la lista che rappresento in Gran Consiglio lo scopo d’essere li presente è di utilizzare questa tribuna quale megafono per propagandare le posizioni sindacali e politiche che esperienze quali quelle del movimento dell’Officina.

foto in www.ticinolibero.ch

Red. : Sembra sussistere una larga adesione a livello politico sull’importanza del Centro di Competenze. Tuttavia, le strategia dell’esecutivo cantonale paiono a volte se non dubbie, perlomeno farraginose. Quali a tuo avviso i passi fondamentali per uscire da questo “impasse” e finalmente dotare il cantone di un progetto industriale di ampio respiro come questo?

Matteo: Non sono così convinto che vi sia, a livello politico, una larga adesione al Centro di competenze. Dalla consegna della nostra iniziativa popolare sono trascorsi oltre tre anni. Dalla presentazione dello studio Supsi è trascorso già quasi un anno senza che per il momento si sia concretizzato nulla. Anzi la situazione sta degenerando. Alle OBe, come ripetuto in più occasioni, la situazione interna è peggiorata e vi è il rischio reale che si stiano sprecando delle grandi opportunità. Le ragioni sono sicuramente diverse. Non è sicuramente da sottovalutare il fatto che in questo paese non vi è mai stato un intervento pubblico in un settore industriale. L’industria è sempre stata monopolio degli interessi privati. Sono sicuro che i “padroni” non vedono di buon occhio un simile progetto. E sono altrettanto sicuro che sia stato segnalato a chi di dovere che questo centro non s’ha da fare. Come uscire dall’”impasse”? Mettendo in campo una strategia articolata e ad ampio respiro. In questa strategia articolata e ad ampio respiro bisogna pensare a stimolare una mobilitazione dei lavoratori e della popolazione.

Red. : I sindacalisti hanno una lunga tradizione di presenza nel legislativo cantonale, nel quale hanno sempre ribadito di difendere i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Quali sono gli elementi di novità che vorresti introdurre per essere più incisivo in questo senso?

Matteo: Fondamentalmente il lavoro deve essere difeso dai salariati stessi. Più il tempo passa più sono convinto che dobbiamo riuscire a sviluppare in modo coerente e determinato l’autorganizzazione della società e dei suoi settori. Sarà dunque una delle mie preoccupazioni principali cercare di intervenire per proporre idee e leggi che permettano ai salariati, ai cittadini, agli studenti, agli utenti del servizio pubblico di prendere in mano il proprio destino senza il supporto dei ceti burocratici, siano essi politici o altro. La costruzione di una società nuova, dove ognuno possa ricevere secondo i suoi bisogni e dare secondo le sue capacità sarà unicamente possibile se riusciremo nella grande sfida di sviluppare un’autorganizzazione socialista e democratica della società.

Red. : Infine un consiglio all’Associazione giù le mani…

Matteo: Nessun consiglio! Dai lavoratori dell’Officina si può solo imparare. Osservare ed imparare.

Red. : Grazie Matteo e buon lavoro!

* A tutt’oggi, settembre 2011, Ivan Cozzaglio non ha purtroppo ancora avuto l’occasione di rispondere alle domande che la redazione del sito gli aveva posto, quale altro granconsigliere direttamente coinvolto nelle Officine.