(di Sergio Agustoni)
Le trasformazioni radicali del trasporto ferroviario sono lo sfondo del dibattito sul progetto di un centro di competenze policentrico in Ticino. Propiziato dalla lotta alle Officine di Bellinzona, dall’iniziativa popolare per il polo ferroviario e dalla ricerca Supsi sarà l’oggetto di uno studio di fattibilità, messo a concorso prossimamente. Le FFS restano prudenti, perché si tratterebbe di una novità assoluta, che le associa allo stato cantonale, a enti pubblici (Supsi, istituti di ricerca applicata) e a imprese private.
Il centro di competenze
Il centro di competenze è un progetto industriale e territoriale con una valenza politica e volontaristica. Nei cluster industriali esistenti in Svizzera (scienze della vita, farmaceutica, biotech, medtech, orologeria, micromeccanica, meccatronica, ecc.) la massa critica è assai consistente e l’interazione tra imprese, associazioni padronali, organi statali, ricerca universitaria e scuole professionali è consolidata. Una base che invece deve ancora essere creata in Ticino. Lo studio di fattibilità dovrebbe sfociare negli “stati generali del comparto ferroviario e della mobilità”; sarà un processo che richiederà il superamento di barriere tecniche, concorrenziali e psicologiche, poiché implicherà realtà diverse come le officine e la logistica FFS (Bellinzona, Biasca, Lavorgo e Chiasso), la ventina d’imprese piccole e medie del settore che producono merci e servizi tra Airolo e Chiasso e gli attori istituzionali della formazione e della ricerca applicata. Intanto si tratta di non perdere il treno, secondo la formula azzeccata di un recente dibattito indetto dall’Associazione “Giù le mani”.
Ma quale sarà la domanda nella manutenzione di locomotive e carri degli attuali committenti ed eventualmente dei nuovi clienti, specialmente dell’area lombarda?
I cantieri in corso di FFS Cargo
Dal 2000 FFS Cargo ha perso 800 milioni, bruciando il capitale proprio e gravando sull’indebitamento del gruppo. Quest’anno il deficit sarà di altri 80 milioni. Dopo continue svolte strategiche, vani tentativi d’alleanza, svendita fallita in mancanza d’interessati e per il sostanziale diniego della politica, il nuovo assetto di FFS Cargo dovrebbe portare a termine al pareggio. A fine 2010 impiegava 3500 collaboratori di cui 800 amministrativi. Da gennaio Swiss Cargo International (sede a Olten con 150 collaboratori) fornisce soltanto locomotive e personale per il traffico transalpino nord-sud; Hupac (che controlla il 25% della società) e altre imprese di logistica si occupano del resto. I costi sono in franchi e i ricavi in euro, ma si spera nell’uscita dalle cifre rosse nel 2013 nonostante il superfranco. Nel trasporto di treni a carri completi (TCC) – singoli o a gruppi – FFS collabora come in passato con le altre compagnie nazionali. Il ruolo di semplice trasportatore vale anche per BLS Cargo, che associata a Deutsche Bahn guadagna quote di mercato; la perdita nel primo semestre 2011 è contenuta a 2,1 milioni. Complessivamente il traffico internazionale nord-sud – sovvenzionato dalla Confederazione con 28,5 milioni – difende le sue posizioni (oltre il 64% del trasporto merci), benché una fetta sempre maggiore di mercato sia ormai conquistata dagli operatori esteri (Deutsche Bahn-Railion in primis). Indubbiamente l’ostacolo maggiore è rappresentato dalla situazione in territorio italiano. La costruzione della gronda est Seregno-Bergamo rimane avvolta nella nebbia, così come quella di una nuova grande piattaforma d’interscambio a nord di Milano; le linee via Lötschberg-Sempione e via Luino restano perciò tuttora prioritarie, seppure con capacità limitate. L’interesse italiano a una rete di scali più articolata e diffusa nel Settentrione è inoltre scarso a causa della concorrenza spietata degli autotrasportatori.
Restano il traffico import/export e interno con una quota di mercato record in Europa del 27%. E’ un servizio pubblico a favore dell’economia e delle imprese richiesto dalla Confederazione, che le FFS dovrebbero però paradossalmente gestire secondo i criteri del libero mercato. E’ quasi una missione impossibile tornare in pareggio nel 2013, benché 80 milioni saranno risparmiati tagliando 200 posti di lavoro nell’amministrazione e nei servizi informatici soprattutto a Basilea, dove in pochi anni è stato dimezzato l’organico.
Fortemente deficitario è il traffico interno dei carri singoli, gravato da costi strutturali elevati, indipendenti dai volumi di traffico. Oggi i punti di carico sono 500 (300 sarebbero necessari per un servizio pubblico di base). Il 28% genera il 90% dei vagoni trasportati; il 56% solo il 3% e si pone il problema del finanziamento trasversale di questo segmento. La soppressione dell’offerta express, la confluenza in un unico sistema, la riduzione delle stazioni di smistamento, dei viaggi a vuoto e del personale addetto consentirebbero certamente dei risparmi, con la conseguenza però di un aumento del traffico su gomma. Infine, come per il traffico internazionale, un’alleanza con gli autotrasportatori privati potrebbe migliorare la redditività.
La concentrazione sui grandi clienti (Migros, Posta, petrol-chimica, metalli, agricoltura, ecc.), mentre Coop ha addirittura la sua società Rail-Care SA, favorirebbe un modello di trasporto pendolare più compatto, giornaliero e relativamente veloce tra i vari centri logistici (container compatibili gomma-rotaia che possono circolare anche nelle ore di punta accanto ai convogli viaggiatori). Globalmente la quota di mercato della rotaia nel traffico interno continua a regredire e la cessazione d’attività di alcuni grandi clienti (la grigionese Sägerei Domat/Ems e la solettese Papierfabrik Biberist) incide negativamente sul volume dei trasporti. Del resto i sussidi statali sono diminuiti del 70% dal 2005. Lo studio Progtrans rivela la difficoltà a mantenere la quota di mercato e raggiungere la soglia di redditività. In gioco è la politica di sostegno del traffico interno combinato; Consiglio federale, parlamento e FFS dovranno pronunciarsi e sbloccare i mezzi per coprirne gli alti costi, poiché i piani di risanamento ed efficienza non bastano. Dal 2000 il personale è stato dimezzato eppure la produttività è salita del 50%.
In prospettiva FFS Cargo può giocare una nuova carta. Sono le 30 modernissime locomotive di manovra ibride – elettriche e diesel – Eem 923, costruite da Stadler-Winterthur per 88 milioni di franchi. Rosso-blu, lunghe 9 metri e pesanti 45 tonnellate, hanno una potenza elettrica di 2000 PS e diesel di 500 PS. Il motore diesel di 360 kilowatt alimenta un generatore elettrico, che entra in azione nei tratti non elettrificati solitamente brevi dei binari industriali. Al contrario delle locomotive diesel tradizionali si tratta di una soluzione al 90% elettrica e quindi ecologica. L’Eem 923 può viaggiare fino a 100 km/orari (velocità compatibile con la rete S-Bahn) e trainare i convogli anche su distanze più lunghe fino alle grandi stazioni di smistamento. Agganciando fino a 4 locomotive si può raggiungere la ragguardevole potenza di 8000 PS. Per il momento sono destinate soprattutto all’altopiano.
Segnali contrastanti e parecchie incognite pesano dunque sulla domanda futura di FFS Cargo alle OBe; senza dimenticare che la pressione sulla produttività e sull’ottimizzazione dei cicli della manutenzione continuerà a crescere. E più in generale quale sarà il loro spazio di manovra verso i potenziali clienti italiani?
Un treno merci ibrido ”Made in Ticino”
I modelli di trasporto interno ibrido hanno sostenitori specialmente in Ticino: STISA (Sviluppo traffici internazionali SA) e RailValley. L’ingegnere Stefan Krebser sostiene che il 50% del traffico interno dei TIR potrebbe essere trasferito in 4 anni sui treni pendolari ibridi con trasbordo orizzontale (Cargo-Sprinter); ipotizza una rete capillare di stazioni anche minori per il carico-scarico. Per il progetto pilota servono 20 milioni, che dovrebbero giungere da un fondo confederale. Le Officine potrebbero costruire questi treni dotati di una delle locomotive Re 4/4, altrimenti in esubero, e di un locomotore diesel.
La localizzazione delle grandi piattaforme di smistamento nell’altopiano e nelle regioni periferiche è il nodo che le FFS e i progetti alternativi devono definire per fare un passo avanti nel trasferimento gomma-rotaia.
Sulla reale domanda di queste prestazioni, sull’operatività e compatibilità del nuovo segmento di traffico merci e sul suo rendimento tutto resta da dimostrare. Vi saranno ricadute positive sulle OBe?
Alptransit e traffico viaggiatori: nuove opportunità per il centro di competenze?
Tuttora ipotetica è la diversificazione delle Officine e del centro di competenze nel materiale rotabile e nei servizi per viaggiatori.
Dipenderà anche dalla valenza futura di Alptransit: sarà davvero una piattaforma europea per lo sviluppo integrato dei trasporti a lungo termine oppure un corridoio azzoppato?
Nel tunnel di base dovranno convivere i treni viaggiatori superveloci Zurigo-Basilea-Milano per il traffico internazionale degli uomini d’affare e dei turisti (2 ogni ora e direzione), eventualmente gli InterRegio che servono attualmente le stazioni della linea di montagna e i convogli merci lunghi (6 per ora e direzione). Dall’entrata in servizio del tunnel del Ceneri nel 2019, si stima che il numero settimanale dei treni merci salirà di 70 a 280 unità. Sulle vie d’accesso i treni merci saranno in competizione con i convogli viaggiatori regionali. Dalla dissoluzione della compagnia bi-nazionale Cisalpino, i collegamenti viaggiatori con l’Italia sono stati scremati e Trenitalia ha ritirato i suoi nuovissimi ETR 610 poli-corrente dai collegamenti con la Svizzera; dal 2015 con il ritiro degli inaffidabili ETR 470 la situazione sarà ancora più precaria. Le promesse italiane sui miglioramenti tecnici sulla Como-Milano non sono ancora vincolanti, l’intasamento verso e da Milano-Centrale è quotidiano e la battaglia per delle tracce a Milano-Centrale è titanica. Le FFS non hanno ancora ordinato i nuovi convogli superveloci poli-corrente per il traffico internazionale verso Germania e Austria e l’Italia via il San Gottardo e la ripartizione dei compiti con Trenitalia resta da definire. Insomma lo sbocco a sud di Alptransit è incerto e potrebbe ridursi a una grande metropolitana alpina di cui beneficeranno soprattutto Lugano e Locarno. E’ ciò che Remigio Ratti chiama il rischio della “grande beffa”.
Nonostante i 17 miliardi d’investimento, potrebbero prevalere in Svizzera il traffico viaggiatori sull’altopiano e in Italia la rete dell’alta velocità; nel traffico merci potrebbe imporsi la visione liberista di una politica della domanda e non dell’offerta. Certo il Ticino potrà approfittare comunque dell’accesso veloce da e verso nord, contare sul collegamento rapido Lugano-Locarno e sulla bretella insubrica Mendrisio-Varese-Malpensa.
L’aumento considerevole del materiale rotabile può far sperare in nuove nicchie nel mercato nella manutenzione principale. Tuttavia le capacità d’investimento delle FFS sono limitate e il direttore Andreas Meyer non esclude più che le aziende fornitrici (specificamente Stadler Rail) possono restare proprietarie dei treni e che le FFS ricorrano al leasing. E cosa succederebbe con la manutenzione?
E’ indubbio che il centro di competenze territoriale ticinese dovrà far valere delle specializzazioni allargate, complementari e integrate per riuscire a conquistare un ruolo maggiore nella manutenzione e nei servizi ferroviari.
testo pubblicato su Azione settimanale di Migros Ticino del 31.10.2011.
Ringraziamo l’autore e la redazione per la concessione della pubblicazione del pezzo.