Fra poco più di un mese i cittadini saranno chiamati ad esprimersi sull’iniziativa “Giù le mani dalle Officine: per la creazione di un polo tecnologico-industriale nel settore del trasporto pubblico”. Il 19 maggio sapremo quale sarà il responso popolare sull’iniziativa lanciata durante lo sciopero del 2008, nato dopo che le Ffs avevano paventato la chiusura dell’impianto. Più di dieci anni sono passati da allora e oggi sul tavolo c’è il progetto di costruzione di un nuovo sito produttivo a Castione, approvato dal Gran Consiglio e dal Consiglio comunale di Bellinzona (mentre sono pendenti ancora alcuni ricorsi contro il cambiamento di destinazione, da agricolo a industriale, dei terreni dove dovrebbe essere realizzato lo stabilimento). 120 milioni di franchi (100 dal Cantone e 20 dalla Città di Bellinzona) per un progetto che, per quanto riguarda i contenuti, non è sufficente per Gianni Frizzo, leader dello storico sciopero del 2008, e l’Associazione “Giù le mani” a salvaguardare l’occupazione.

In Gran Consiglio il progetto del nuovo stabilimento ha ottenuto l’appoggio di tutti i partiti di Governo, seppur con parecchi “mal di pancia”. A schierarsi contro erano stati parte dell’Udc, Verdi, Mps e Pc. Approvato il messaggio relativo al progetto di Castione, prossimamente anche i comitati cantonali di Plr e Ps si esprimeranno sull’iniziativa “Giù le mani”, per taluni “superata dagli eventi”, per Gianni Frizzo&Co, l’unico modo per salvaguardare i posti di lavoro.

Introduzione e intervista a cura di Ticino Today

Gianni Frizzo, il prossimo 19 maggio si voterà sulla vostra iniziativa Giù le mani dalle Officine. I socialisti in Gran Consiglio hanno proposto un controprogetto all’Iniziativa, poi bocciato. Prossimamente si riuniranno in comitato cantonale per decidere la loro posizione sul tema. Sperate ancora in un sostegno socialista?

Noi vogliamo portare dalla nostra parte tutte le persone di buon senso e tutti coloro che hanno capito cosa sta realmente dietro a questo progetto delle Ffs e delle istituzioni politiche ticinesi.

Di fatto con questo messaggio si danno 1 milione di franchi alle Ffs per ogni 2,5 posti di lavoro che andranno persi, visto che, a conti fatti, si stanziano 120 milioni per avere 300 posti di lavoro in meno rispetto a quelli attuali. Di solito i ‘bonus’ si danno a chi crea posti di lavoro, o almeno dovrebbe essere così per l’ente pubblico. In Ticino necessitiamo di posti di lavoro, non di progetti che, senza nessuna analisi o piano industriale, partono già con il presupposto che verranno tagliati.

Quello della riduzione dei posti di lavoro non è uno scenario inevitabile? Non è meglio “salvare il salvabile”?

Questi posti di lavoro verranno a mancare perché le Ffs rinunciano a portarli a Castione e non ne capiamo il motivo. A Castione vi sarebbero tutti i presupposti necessari portarvi tutte le attività attualmente svolte, come la manutenzione pesante. Inoltre non dobbiamo essere unicamente ancorati alle attività Ffs, ma, come previsto nello studio della Supsi (studio elaborato dalla Supsi su mandato del Consiglio di Stato presentato nel 2010, ndr), che elaborava gli scenari di sviluppo dell Officine, anche al mercato privato, con altre attività.

Questo andrebbe nella direzione di rispondere all’introduzione dell’automazione e delle nuove tecnologie e dei cambiamenti delle flotte da parte delle Ffs. O si subiscono passivamente questi cambiamenti o ci si attiva per salvaguardare l’occupazione.

Su questo le Ffs non hanno dato garanzie?

Le Ffs dicono che dei 200-220 posti di lavoro previsti poco più della metà saranno impegnati nella manutenzione pesante. Se prendiamo, ottimisticamente, il 60% dei posti di lavoro, corrisponde a 120 persone impiegate nella manutenzione pesante. Oggi alle Officine siamo 410.

A tutte le speculazioni fatte attorno a queste cifre le Ffs devono rispondere con i dati precisi. Dei 200 posti di lavoro quanti saranno impiegati nella manutenzione pesante? Quanti in quella leggera? Quanto sarà il personale produttivo e quanto quello indiretto legato all’amministrazione?

Per i sostenitori del progetto la vostra iniziativa mette a rischio il progetto di Castione e dunque la stessa presenza delle Ffs in Ticino. Non si corre questo rischio?

Guardando alle varianti presentate dalle stesse Ffs nel 2017, compresa la variante di chiusura delle Officine, ovvero lo scenario più critico (dovuto ad aspetti economici ora risolti con lo stanziamento di 120 milioni di franchi), le Ffs prevedono che un impianto di manutenzione è assicurato anche dopo la chiusura delle Officine. Sono dati che le Ffs hanno messo nero su bianco. I documenti dimostrano che le Ffs hanno la necessità per motivi logistici di un impianto in Ticino. Bisogna inoltre ricordare che in fase di trattativa, nella piattaforma di discussione alla presenza di Franz Steinegger, è stato detto in modo molto esplicito quale sia l’importanza per le Ffs di mantenere una struttura in Ticino che sappia far fronte agli impegni di manutenzione.

In questa nuova Officina si vuole eludere totalmente gli impegni sottoscritti dal 2013 in poi. Di questo questo non ne capiamo la ragione. Si vuole riconsegnare la gestione delle Officina nelle mani delle Ffs e già gli studi elaborati dalla Supsi dimostravano quali fossero le minacce di fronte a una gestione di questo tipo.

Negli ultimi tempi ha tenuto banco la questione del finanziamento della vostra campagna di votazione. Durante l’ultima assemblea dell’associazione “Giù le mani” è stato approvato lo stanziamento di 120’000 franchi per la campagna in vista del voto. Il sindaco di Bellinzona Mario Branda, intervento alla vostra assemblea dello scorso 14 marzo (in qualità di membro dell’associazione), aveva giudicato non corretto lo stanziamento dei fondi donati a suo tempo al comitato di sciopero (chiedendo che lo stanziamento fosse sottoposto anche agli operai delle Officine). Si sono poi susseguite due interpellanze, una in Consiglio comunale a Bellinzona e una in Consiglio comunale a Locarno, che chiedono quanti soldi avessero donato nel 2008 i rispettivi Comuni. Come sono passati questi fondi, donati da cittadini e enti, all’associazione?

In un’assemblea nel mese di gennaio del 2010 si è deciso di costituire un’associazione che abbia quale fondo quanto rimasto dei soldi raccolti a sostegno dello sciopero del 2008 (dopo aver garantito lo stipendio agli operai in sciopero). Questo fondo è stato destinato a degli scopi precisi, contenuti nello statuto dell’associazione: garantire l’occupazione, salvaguardare le attuali Officine di Bellinzona, sviluppare un polo tecnologico per rendere le Officine non più un centro di costo ma di profitto, nonché promuovere attività legate alla solidarietà sindacale a sostegno di salariati in difficoltà. I soci fondatori di questa associazione sono gli operai che hanno scioperato nel 2008 e possiamo dimostrare che ricevono puntualmente la convocazione per le assemblee dell’associazione: nulla è fatto senza aver interpellato gli operai.

Prima dell’assemblea dello scorso marzo qualcuno aveva sollevato critiche sull’impiego da voi fatto di questi fondi?

Mai. Abbiamo finanziato anche la pubblicazione di un libro contenente la ricerca della Supsi, alla vigilia del decimo anniversario dello sciopero. Nessuno ha mai sollevato obiezioni.

Visto che chi ha fatto questa critica ha una responsabilità politica (il sindaco di Bellinzona Mario Branda, ndr) mi viene da chiedere: per l’investimento di 20 milioni si è chiesto il parere alle cittadine e ai cittadini di Bellinzona? In Gran Consiglio si sono preoccupati se i cittadini e le cittadine fossero d’accordo? Le Officine sono state salvate grazie all’intervento delle maestranze e al grande sostegno della cittadinanza. Se hanno così a cuore cosa ne pensano i cittadini per coerenza avrebbero dovuto chiedere il loro parere.

Ma addirittura ad aver fatto questa proposta è una persona che conosce molto bene gli statuti e ha partecipato alle assemblee.

E così, dopo tre ore di discussione dell’assemblea di marzo, quello che è emerso sulla stampa è la questione dei fondi. La posta in gioco è ben più alta.