di Giuseppe Sergi*
L’iniziativa prevede che sia il Consiglio di Stato a costituire una società di gestione mista. Lo Stato dovrebbe insomma impegnarsi in un’attività imprenditoriale che non si concilia con le sue competenze. È fattibile secondo lei?
«Mi sorprende la domanda: secondo lei la Ferrovia retica “si concilia con le competenze” del canton Grigioni? Eppure esso è l’azionista di maggioranza di questa impresa conosciuta a livello mondiale. Devo ricordare anche l’esempio di un’altra azienda ferroviaria come la BLS, il cui azionista principale è il canton Berna? Non vi sono ragioni per le quali il Cantone, con le FFS e altri interessati, non possa gestire con successo un’azienda pubblica».
Il Cantone potrebbe anche ricorrere a «misure di espropriazione» qualora le FFS non dovessero essere collaborative. Non è una proposta folle?
«Proprio recentemente il vostro giornale ha dedicato un ampio servizio alla Monteforno. Ricordo che proprio allora (e si trattava di un’azienda privata) in Ticino si discusse seriamente del-l’espropriazione di quell’azienda per mantenere posti di lavoro preziosi. Non lo si fece: abbiamo visto come è andata a finire. E per quale ragione le FFS non dovrebbero essere collaborative? Ripetono giorno e notte che non vogliono altro che collaborare per il bene e lo sviluppo del Ticino. L’iniziativa offre alle Ferrovie la possibilità di dimostrarlo».
Secondo il comitato contrario all’iniziativa l’uscita delle FFS dalla gestione dello stabilimento comporterebbe l’entrata nel libero mercato del settore «con un’evidente incognita» in quanto alla sua concorrenzialità. Cosa risponde?
«Le FFS sanno benissimo che l’Officina, le sue attività, i suoi prodotti sono assolutamente concorrenziali per qualità e anche per costi. Naturalmente se la logica delle FFS, come è stata ad esempio quella delle Ferriere Cattaneo, è quella di massimizzare i profitti, è logico che si pensi di andare all’estero a fare la manutenzione del 70% di quanto oggi si fa all’Officina. Ma sono sicuro che i/le ticinesi sono contrari a questa logica di dumping salariale. Dobbiamo difendere l’idea che i posti di lavoro restino qui e che è un dovere di un’azienda a proprietà pubblica, come le FFS, battersi per creare lavoro in Ticino».
*tratto dal Corriere del Ticino del 6.5.2019