di Pietro Gianolli, già segretario del sindacato del personale trasporti Sev*

Ne ‘laRegione’ del 30 aprile, ho letto un contributo sull’iniziativa “Giù le mani dalle Officine”, in cui la consigliera nazionale Roberta Pantani vanta i benefici della soluzione prospettata da cantone, città di Bellinzona e Ffs di un nuovo stabilimento a Castione per la manutenzione dei treni viaggiatori, in termini di riqualifica del comparto oggi occupato dalle Officine e di rilancio di attività, grazie alla creazione di uno “Swiss Inno Park”, suscettibili di creare “posti di lavoro a elevato valore aggiunto”. Accogliendo l’iniziativa, invece, lo spazio attualmente occupato dalle Officine rimarrebbe desolatamente vuoto e Bellinzona si ritroverebbe a fare i conti con un’area degradata. Ognuno è evidentemente libero di credere ciò che vuole ed esporre le proprie motivazioni, ma è doveroso rettificare le indicazioni espresse dalla signora Pantani: il testo dell’Iniziativa non riporta più alcuna indicazione sull’ubicazione in cui si chiede al cantone di costituire un polo tecnologico, d’intesa con le Ffs e con possibili altri attori; né è stato lanciato un referendum contro le richieste di credito cantonale e della città per la realizzazione del progetto di Castione, rispettivamente per la riqualifica del sedime attuale delle Officine, che sono cresciute in giudicato e non vengono, né vogliono essere, rimesse in discussione dall’iniziativa. L’iniziativa, se accolta, permetterebbe invece di rientrare in discussione su di un altro aspetto che giudico estremamente lacunoso del progetto di Castione: quello occupazionale. Nella nuova realizzazione di Castione confluiranno tre strutture: le Officine, l’impianto di servizio di Pedemonte e l’officina di Biasca, che ad oggi impiegano circa 500 persone. La differenza con i 200230 posti prospettati dal progetto è quindi di 270-300 posti. Per la signora Pantani, bontà sua, sono “numeri minimi”, ma queste sono le cifre che andranno a peggiorare ulteriormente la già tesa situazione sul mercato del lavoro ticinese. Trovo poi del tutto illusorio pensare che una simile ristrutturazione possa essere gestita con la facilità descritta dai contrari all’iniziativa, tra i quali trovo anche ex sindacalisti con passati molto illustri. Se le Ffs hanno sottoscritto un impegno a non licenziare nessuno, secondo quanto previsto dal contratto collettivo di lavoro, devo osservare che a scadenze regolari le stesse Ffs tentano di rimettere in discussione la protezione dal licenziamento. E ricordo anche che le attuali condizioni per mantenere un rapporto d’impiego alle Ffs, quando il proprio posto è stato cancellato prevedono la possibilità di riduzione dello stipendio sino al 20% e tragitti casa-lavoro sino a due ore. La prospettiva di un lavoro meno retribuito a Zurigo per oltre 200 dipendenti è quindi perfettamente compatibile con l’impegno sottoscritto da città e cantone. Infine, aggiungo che la direttrice regionale Ffs Roberta Cattaneo, in un’intervista a “laRegione”, ha escluso contributi particolari al prepensionamento dei dipendenti. Dipingere di rosa quanto prospettato per il personale mi appare quindi particolarmente scorretto. Il contributo di 120 milioni di città e cantone, al quale vanno ad aggiungersi le varie facilitazioni territoriali, imporrebbe invece un’approfondita verifica delle attività da svolgere a Castione. Una verifica, ne sono convinto, che porterà immancabilmente ad un loro ampliamento e quindi all’incremento dell’offerta di posti di lavoro. L’iniziativa “Giù le mani dalle Officine” giunge quindi a proposito: per questo la sostengo.

*Opinione pubblicata su la Regione del 6.5.2019