Intervista a Gianni Frizzo*

Signor Frizzo, finalmente si vota. Perché è così importante che sia la popolazione ad esprimersi?

«Sarebbe stato da ingrati non sottoporre al popolo una decisione sul destino di un “bene comune” quali sono le Officine, strappate proprio, con lo sciopero del 2008, dalla chiusura certa e dalle “brame speculative” grazie alla solidarietà e alla determinazione del popolo. Cittadine e cittadini che oltre ad aver sostenuto le maestranze hanno pure contribuito a tracciare quella che, fino al dicembre 2016, doveva essere la via da perseguire per il potenziamento delle Officine. Iniziativa e conseguenti progetti di sviluppo occupazionale, territoriale e sociale, completamente epurati per far posto a prospettive “bipartisan” che, di fatto, non creano, ma distruggono (indipendentemente dal luogo), in modo ingiustificato, circa 300 posti di lavoro e più che possibili prospettive di crescita (ci sono progetti che lo dimostrano). Il tutto supportato da un modico “bonus”, concesso dall’ente pubblico alle FFS, di 120 milioni di franchi, cioè 1 milione per ogni 2,5 posti di lavoro cancellati. Un gran bell’affare! Non può quindi che essere ancora una volta (come nel 2008) il popolo a dover decidere su un bene che gli appartiene, per ragioni storiche, materiali, sociali e, perché no, di cuore».

Da cosa si differenzia l’iniziativa dal progetto di nuove Officine previsto a Castione?

«Si differenzia, e non è poco, sul piano occupazionale (centinaia di posti di lavoro in più), sulla diversificazione delle attività – non solo FFS Passeggeri, ma prodotti FFS in modo esteso, con apertura ai vettori di trasporto in generale con accesso pure al mercato privato, eccetera –, dal punto di vista della gestione o della governance (da centro di costo a centro di profitto) e dell’autodeterminazione. Oltre che, naturalmente, per riportare sulle rotaie il convoglio fatto deragliare dal progetto di FFS, Cantone e Città e con esso recuperare il rispetto di quanto concordato, sottoscritto, progettato e approvato, tra istituzioni, FFS e rappresentanti del personale, dal 2008».

Se le FFS fossero reticenti bisognerebbe procedere a degli espropri. È un punto, questo, che definire controverso è un eufemismo…

«Di controverso c’è solo purtroppo quello che ci si porta appresso nell’ultimo lustro, cioè il mancato rispetto degli accordi da parte delle FFS e l’inganno perpetrato dalle istituzioni politiche con il messaggio del 18 febbraio 2014, con il quale ci invitavano a ritirare l’iniziativa in quanto realizzata, in tutti gli scopi in essa prefissati, dal progetto di Centro di competenza. Non v’è dubbio che saranno quindi le istituzioni politiche (autori di questo pasticciaccio) a doversi rimboccare le maniche e togliere di conseguenza le cosiddette castagne dal fuoco, portando a buon fine ciò che i cittadini indicheranno con il loro voto il 19 maggio».

Il modello proposto per concretizzare l’iniziativa è quello di centro di profitto ipotizzato dalla SUPSI ma scartato dal Governo nel 2010. Perché oggi dovrebbe andare bene?

«È più corretto affermare che, nel 2010, il progetto di Centro di competenza è stato preferito dalle parti coinvolte (Governo, rappresentanti del personale e FFS) al centro di profitto per evidenti esigenze di condivisione. Dopo lo sciopero del 2008 e la riuscita dell’iniziativa popolare per un polo tecnologico, si è ritenuto importante avviarci verso una soluzione di sviluppo futuro delle Officine che potesse mettere tutti d’accordo. Ed è per questo che anche noi con smisurata fiducia, e in perfetta buona fede, ci siamo lanciati in questa buona alternativa di Centro di competenza, che – se implementato secondo il progetto di fattibilità della BDO allora diretta da Christian Vitta – sarebbe stato un efficace progetto di sviluppo, alternativo dunque al più proficuo centro di profitto. Quest’ultimo rappresenterebbe, allo stato attuale, la condizione sine qua non per garantire uno sviluppo dell’Officina in conformità con quanto delineato dal 2008».

In caso di bocciatura alle urne ammetterete la sconfitta e sarete pronti a sostenere senza se e senza ma il futuro stabilimento?

«Non so come sarà per i miei colleghi ma mi domando con quale coraggio si può chiedere di sostenere e accompagnare un progetto che prevede già, quale condizione di partenza, la soppressione di centinaia di posti di lavoro e l’abbandono di tutti quanti gli accordi prodotti e sottoscritti in due lustri di faticose trattative. Questo “gratificante” accompagnamento lo lascio volentieri a coloro che hanno orchestrato e benedetto questo rovinoso (soprattutto dal punto di vista occupazionale) capolavoro. Uno scenario che non osiamo nemmeno immaginare, ed è per questa ragione che poniamo fiducia nei cittadini affinché concorrano a sovvertire questa catastrofica prospettiva votando SI all’iniziativa».

*intervista di Bruno Costantini e Alan del Don per il Corriere del Ticino al presidente dell’associazione «Giù le mani» Gianni Frizzo.