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Venerdì scorso, dopo sei ore di trattative,  si è raggiunto l’importante traguardo di continuare la tavola rotonda fino alla fine del 2011 per risolvere i diversi problemi sollevati dal Comitato di sciopero delle Officine (ora CoPe). Entro settembre 2011, si discuteranno  le modalità di interazione da applicare a partire dal 2012.

Durante la lunga maratona, alla televisione una quasi disperata giornalista  – che ha tutta la nostra simpatia! – ha dovuto ripetere più volte: “A Berna dicono che tutto va bene, a Bellinzona dicono che non è così”. Anche nei giorni seguenti i media, a corto di approfondimenti più corposi, hanno ampliato  il discorso, ma rimanendo necessariamente un po’ vaghi.

Insomma, girala e voltala, come si dice dalle nostre parti, ancora non si  è ben capito perché sti operai la menano tutto il tempo, al posto, ad esempio, di organizzare delle belle grigliate, che è stagione. Entriamo dunque nel merito della presentazione svolta dai delegati degli operai a Lucerna. Andiamo a tappe, come per gli sceneggiati televisivi, così potete leggerne un pezzo per volta, elaborarlo e mantenere la suspence. Però d’un fiato, ve lo assicuriamo, rende meglio.

Gli aspetti “quasi” positivi

In questi tre anni, ci sono senz’altro stati dei miglioramenti: l’aumento dei volumi di lavoro alle OBe e la conseguente cifra d’affari; questo ha condotto alla necessità di assumere altro personale, necessità in parte concretizzatasi. In un primo tempo, inoltre, come richiesto, è stato ridotto il personale temporaneo, tramite una prima azione di assunzioni. Purtroppo, in seguito, parte degli sforzi sono stati vanificati e si è ben lontani dall’aver raggiunto ciò che era stato stabilito: in alcuni reparti del settore carri, ad esempio, il rapporto tra personale fisso e interinale si aggira attorno al 50%.  Sono state inoltre mostrate le potenzialità esistenti in fatto di acquisizione di clienti terzi, al punto di dover rinunciare a importanti volumi di lavoro.  Infine, lo scenario del Centro di competenze, illustrato con rigore dallo studio SUPSI, ha mostrato le ulteriori prospettive di sviluppo occupazionale. Aspetti positivi sfumati, purtroppo, poiché i motivi di preoccupazione sono ancora diversi…

Ciò che preoccupa

Altan e il futuro

L’organizzazione (quale ad esempio la pianificazione) e la gestione in generale della OBe e del lavoro (come l’acquisizione di materiale, vedi nostro articolo) sono molto problematiche e mostrano carenze tali da non poter pensare a una soluzione  a breve termine, come del resto il rapporto della Task Force (agosto 2010) aveva ben rilevato. Tali problemi organizzativi hanno compromesso e compromettono l’efficacia dell’ufficio vendita delle OBe. Le misure 10+ si sono concluse alla fine del 2010, ma sono lungi dall’essere consolidate.

Come è stato già rilevato anche sul nostro sito, la partenza di collaboratori in posti strategici, posti tuttora vacanti peraltro, è ovviamente causa di grande confusione. è inoltre utile rilevare che il profilo e la competenza del personale occupato nei ruoli chiave va attentamente valutato; e la competenza si valuta dalle conoscenze, dall’esperienza, ma anche dalla capacità di mettersi in gioco interagendo con gli altri, tenendo conto anche del contesto sociale e culturale nel quale si sono sviluppate e agiscono le OBe.  Giocare al piccolo dittatore, scaricando poi le responsabilità all’insorgere delle problematiche,  forse (!), non è il modo più intelligente di gestire un’azienda.

La situazione finanziaria, conseguenza anche di ciò che è appena stato presentato,  non sembra essere chiarita: quale il rapporto tra vendita e ricavi, le fatturazioni, i contratti con clienti privati e interni? A ciò si aggiungono anche i rapporti, a livello di cifra d’affari, tra le diverse realtà, in particolare le sovvenzioni per i servizi centrali che provengono dalle OBe (v. sopra misure 10+). Infine,  l’organizzazione a matrice, come già ribadito, è causa e effetto di tali situazioni.

Quali i motivi?

Se è difficile stabilire con esattezza le cause di queste problematiche che si intersecano, è certo che esse sono strutturali. La mancanza di una contabilità analitica, i ritardi nella fatturazione e le modalità di definizione delle tariffe orarie continuano a favorire il lavoro sottocosto. La mancata coordinazione tra la gestione della produzione (pianificazione e organizzazione del lavoro) e servizi centralizzati (logistica, materiale, ecc) impedisce un aumento consistente e duraturo della produttività.

Vauro e il precariato

Gli obiettivi contrastanti tra OBe e centrale FFS, una mancata fidelizzazione del personale (fedele e interinale non è proprio una rima baciata!) e una ricerca di personale non adattata ai reali bisogni delle OBe favoriscono la demotivazione del personale e la fuga di know-how.

Ritorna quindi la questione di base: l’attuale sistema organizzativo e gestionale dell’OBe è pertinente alle sue peculiarità produttive, agli obiettivi posti e alla concretizzazione del centro di competenza progettato dalla SUPSI?

E qui apriamo una parentesi: ma vi sembra normale che queste analisi puntuali, e supportate da elementi probatori,  le debba fare una Commissione del personale? A noi, pare un pò bizzarro, ecco. Il fatto è che la dirigenza sembra tuttora rincorrere i sintomi e non le cause ed è per questo che alla tavola rotonda si è ribadita, come già in più occasioni, la necessità dell’intervento di un ente al di sopra delle parti, esterno alle FFS.

Ma siamo proprio “i figli della serva”?

Per essere chiari, dobbiamo proprio andare a chiedere cosa fare al consulente privato del ridente distretto di Will,  nel canton San Gallo? Quello che è stato fatto finora non è sufficiente? Siamo proprio un cantone senza competenze? La vogliamo o no un’università legata al territorio, come appena detto dal Consigliere di Stato Manuele Bertoli?

In buona sostanza, la CoPe chiede che la dirigenza locale possa sfruttare le conoscenze d’istituti accademici locali (SUPSI, USI, ecc.) per creare al più presto le condizioni quadro necessarie per lo sviluppo delle OBe. Gli effetti positivi di questo intervento sarebbero molteplici: in primo luogo si potrebbe avviare un concreto adattamento delle strutture OBe verso il mercato terzi; in secondo luogo, si avrebbe un avanzamento dello studio di fattibilità del secondo scenario elaborato dalla SUPSI (centro di competenze); infine, si ricostruirebbe la fiducia dei collaboratori, compresa la dirigenza locale, nel futuro dell’Obe.

Affermava Vittorio Foa: “Negli anni cinquanta fummo molto impressionati dalla testimonianza di un operaio francese della Renault che illustrava che persino nel lavoro “a catena”, che sembra il più “comandato” dal tempo delle macchine, nulla marcerebbe senza un’autonoma iniziativa operaia. Questa elementare verità, vera in tutti i tempi e in tutti i luoghi finora noti, viene riscoperta ogni venti o trenta anni dalle imprese (…)  “

Tempi moderni?

Parafrasandolo con parole nostre: al di là delle questioni etiche e di giustizia sociale (che dovrebbero ci pare pur contare qualcosa, qua e là…) arrogarsi il diritto di sapere senza impegnarsi a conoscere, continuare a non prendere in considerazione le conoscenze di chi lavora sul campo, speculare sulle condizioni degli operai, rendere interinali anche le maestranze che sono presenti da anni, è il modo più efficace di far funzionare bene un’azienda sul lungo periodo? Dai?! Vogliamo la prova!

Poche risposte….

A tre anni dallo sciopero,molte sono ancora le domande, più volte poste, che non hanno ancora ricevuto risposta.

  • Ci sono oggi alle OBe condizioni organizzative, produttive e finanziarie tali da poter dire ci sia un futuro a breve, medio e lungo termine, come da mandato del DATEC alla Tavola rotonda?
  • Esistono oggi le condizioni quadro affinché le OBe possano fungere da base alla concretizzazione dello scenario SUPSI denominato “centro di competenza regionale per la mobilità sostenibile”?
  • Si sono definiti in questi anni tutti gli aspetti necessari per poter rispondere coerentemente e concretamente a queste 2 domande, cruciali per uno sviluppo alle OBe?
  • Quali le condizioni quadro?
  • Quale sistema organizzativo?
  • Quale politica del personale (competenze dei quadri dirigenti, formazione, esperienza, conoscenza del prodotto, rapporto tra fissi e interinali)?
  • Qual è il bilancio finanziario odierno (maggio 2011) delle OBe?
  • Come possiamo valutare la situazione attuale delle OBe rispetto al 2008?

In conclusione, la situazione attuale, malgrado le altisonanti dichiarazioni, è incerta e preoccupante. Per questo la CoPe a Lucerna ha portato anche la risoluzione votata all’unanimità dall’Associazione giù le mani e dall’assemblea degli operai.

Se la crescita non è la felicità, come si dice sempre più, l’onestà intellettuale e professionale, l’organizzazione riflettuta, il dialogo, l’elaborazione di soluzioni condivise, la giustizia, sono altrettanti elementi da considerare in una riflessione seria  sul mondo del lavoro e più in generale sulle nostre condizioni di vita. Ma come sempre, gli aspetti di impegno puntuale, spesso altrettanto innovativi e creativi,  infastidiscono maggiormente delle riflessioni generali. Chissà come mai.